RACCOLTE ARCHEOLOGICHE: La grande trasformazione
Durante l’antica età del bronzo (2300–1650 a.C.) il territorio modenese era scarsamente abitato, ma a partire dal 1650 a.C. si assiste ad un radicale mutamento del paesaggio della pianura padana centrale, determinato dall’arrivo di nuove comunità che occupano capillarmente il territorio: inizia la civiltà delle terramare.
La più importante testimonianza del Bronzo Antico è un “ripostiglio” di 96 asce ritrovate nelle vicinanze di Savignano sul Panaro. Stivate ordinatamente all’interno di una buca, e così riproposte nell’allestimento museale, dovevano rappresentare, in un momento in cui la circolazione del metallo era ancora scarsa, una straordinaria riserva di ricchezza.
All’inizio del Bronzo Medio gli abitati si moltiplicano e si afferma un sistema socio-economico che prospererà per almeno quattro secoli, fino alla fine del Bronzo Recente (1150 a.C.). Questo fenomeno culturale, noto come “civiltà delle terramare” rappresenta uno degli aspetti più rilevanti dell’età del bronzo italiana ed europea, come ha messo in luce la grande mostra realizzata dal Museo nel 1997, “Terramare la più antica civiltà padana”.
Il particolare tipo di insediamento è caratterizzato da villaggi circondati da poderosi terrapieni e ampi fossati, al cui interno le abitazioni venivano spesso costruite su piattaforme sopraelevate sostenute da palificazioni. La società delle terramare, una delle più avanzate nell’Europa dell’età del bronzo, era costituita da guerrieri, contadini, pastori e artigiani capaci di produzioni di altissimo livello in bronzo, ceramica, corno di cervo e osso, ampiamente rappresentate dal materiale esposto. Le raccolte, fra le più consistenti nel panorama museale italiano, si riferiscono a numerose terramare modenesi, oggetto di indagini nel XIX secolo e in anni recenti, fra le quali spicca quella di Montale, alla quale il Museo ha dedicato il Parco archeologico e Museo all’aperto della Terramara di Montale, con ricostruzioni a grandezza naturale.